Lapponia, oltre il circolo polare artico

Quando fai del viaggio il tuo lavoro e il tuo stile di vita non ti sorprendi nemmeno se ti spingi verso mete che non avresti mai considerato, mete che fino ad allora rappresentavano solo un’area geografica sul globo terrestre alla quale non ti saresti probabilmente mai avvicinata.
Eccomi quindi su un aereo che mi spinge verso nord, estremo nord, Lapponia. A dire il vero per arrivare qui mi sono imbarcata su due voli e un treno e fresca fresca dopo ventiquattro ore di viaggio giungo a Luleå (cittadina di 40.000 abitanti quindi vera metropoli per gli standard locali) e salgo su un van che guido per le successive quattro ore.

Nella mia testa i posti remoti hanno un fascino tutto loro forse perché scremano il numero di persone che ha voglia di collezionare mezzi come se fossero biglie solo per arrivare al punto di partenza. Il treno notturno Polar Express è stato un accogliente benvenuto in questa terra ricoperta da distese di tundra e cumuli di neve. Nonostante il rigido clima invernale, il risveglio nelle cuccette si rivela più caloroso del previsto, complice forse la colazione a base di cinnamon roll, caffè americano e gente svedese con tanta voglia di chiacchierare e promuovere il proprio territorio.

Il paesaggio fuori sfreccia a più non posso eppure regala la piacevolezza di goderne la vista. La sequenza bianco, abeti, bianco, abeti, bianco, abeti, bianco, abeti, viene sporadicamente interrotta da qualche casetta rossa scura (in gergo tecnico Rosso Falun) colore derivante dalle miniere di rame di cui questa terra è ricca usato frequentemente in Svezia, Finlandia e Norvegia per verniciare case e fienili di legno. 

La prima tappa che mi aiuta a realizzare quanto a nord io sia è delineata dal cartello del Circolo Polare Artico situato a 66°33′ di latitudine. Chi l’avrebbe mai detto che avrei spuntato anche questa, eppure quando penso di essere in alto ricordo che devo macinare ancora 400 chilometri prima di raggiungere Abisko.

Nei giorni a seguire spunto una lista d’esperienze che fino ad oggi non popolavano il mio curriculum quali entrare in un Ice Hotel (come potete dedurre dal nome, tutto interamente congelato, letti inclusi), guidare per ore una motoslitta sul lago ghiacciato, andare a trovare gli splendidi husky che trainano le slitte e toccare temperature impensabili come -22 gradi. Follia. Eppure ancora più folle è la percezione che a tale latitudine si ha di quelle temperature: il freddo secco dettato dall’assenza totale di umidità aiuta il corpo a sopportare il gelo e di conseguenza (considerazione puramente personale) a tollerare molto meno gli zero gradi presenti a Milano d’inverno. Provare per credere.

La quiete, il silenzio, l’assenza di gente sono ciò che fa più rumore qui in Lapponia. I ritmi sono lenti, le ore di luce a febbraio sono poche il che permette di godere di albe e tramonti ad orari estremamente comodi. Come se non bastasse, a coronare questo viaggio ci pensa l’aurora boreale che si è fatta attendere fino l’ultimo giorno, sera in cui si è accesa in cielo quando le speranze di vederla non si erano ancora spente.

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