Giordania, il viaggio da non rimandare

Desideravo da tempo mettere piede su questa terra, specialmente da quando mi saltò il viaggio causa pandemia. Bramo la Giordania da anni ma a quanto pare dovevo solo aspettare che il destino facesse il suo decorso trainandomi qui, per la prima volta in assoluto, nelle vesti di coordinatrice di viaggi. È un lavoro che mi fa sognare ad occhi aperti specialmente quando mi permette di visitare Paesi che desidero conoscere più di altri. Ci sono forse mete in cui non vorrei andare? Certo che no, ma è inevitabile stilare una lista dei desiderata e la Giordania ci rientrava appieno.

Aver avuto l’occasione di esplorare questo posto in un periodo in cui la situazione geopolitica circostante è critica ha regalato i suoi vantaggi. Nonostante il clima qui sia disteso e privo di tensione (il sito della Farnesina resta la fonte più attendibile per monitorare le condizioni di sicurezza di un Paese) molti giramondo hanno deciso di rimandare il proprio viaggio nella terra delle spezie.

La Giordania custodisce una delle sette meraviglie del mondo ossia la bella Petra ed è popolata di paesaggi affascinanti scelti come set dei film Indiana Jones, Star Wars, The Martian e Aladdin. La sua posizione strategica spiega come sia anello di congiunzione tra Europa, Africa, Asia e crocevia del Medio Oriente, luogo di passaggio dove il commercio ha sempre transitato rendendo questa porzione di terra ancora più ricca di storia e cultura.

A colpirti è l’accoglienza calorosa e mai invadente della gente del luogo nei confronti di chi si reca qui. È la prima settimana di gennaio e il sole caldo si fa sentire senza timidezza alcuna. Lascio cullarmi prima dall’acqua del Mar Morto poi da quella del Mar Rosso, lascio che l’arancione dei canyon mi circondi e il profumo di narghilè mi avvolga, lascio che il cielo terso splenda sopra di me mentre macino chilometri con le Birkenstock ai piedi e lascio che i tratti tipici dei luoghi mediorientali mi conquistino anche questa volta. 

Torno nel posto al mondo che preferisco, il deserto, vivendolo con gli occhi da sognatrice che si spalancano soprattutto quando immergo i piedi nella sabbia del Wadi Rum. Qui ritrovo sempre una dimensione vasta e silenziosa, distese infinite che emanano la stessa potenza delle cime in montagna o dell’orizzonte al mare.

Spezie come se piovessero, pollo e riso a profusione, hummus a pranzo e colazione, falafel e salsine varie da cospargere ovunque, per non dimenticare le portate principali con carne di pollo, manzo o agnello cotte con metodi tradizionali come il forno di mattoni sotto la sabbia. Tra i ricchi piatti serviti al centro del tavolo (così da poter essere spartiti tra i commensali) c’è una cosa che più di tutte mi ricorda il mio paese: la spiccata tendenza all’ospitalità e a come il consumo del cibo sia innanzitutto condivisione

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