Riprendo le scarpe, quelle che mi hanno accompagnato per lunghi viaggi e infinite camminate, le scarpe che quando mi avvolgono il piede scaturiscono in me la la sensazione di comodità e curiosità per il mondo. Riprendo a correre dopo il lockdown della primavera 2020, dopo mesi di stop, dopo settimane in cui i nostri spostamenti erano limitati dalla cucina al bagno e dal balcone ai bidoni della spazzatura.
Riscopro così le sensazioni che una semplice attività come la corsa è in grado di regalare ma questa volta è tutto amplificato e il sapore differente. Come un piatto che ti è stato privato per tempo e che fa scoppiare di gioia le tue papille gustative quando è di nuovo in tavola.
È quello che si prova quando ti viene sottratto qualcosa, che sia una sensazione, un momento, una persona. Dicono che l’attesa del piacere sia essa stessa il piacere. Ne sono sempre stata convinta, così come ero certa che al termine della quarantena, ogni nuovo momento di libertà sarebbe stato ineguagliabile e dal sapore intenso.
E così, con scarpe comode ai piedi e musica alle orecchie, inizio a correre. La meta non è definita ma l’obiettivo di fare nuove scoperte è sempre nitido e piacevole da raggiungere: lascio che sia l’istinto a guidarmi tra le vie della capitale, lascio che le scelte impulsive mi dirigano verso vicoli imbattuti e parchi sconosciuti. È un po’ come perdersi volontariamente ma senza provare la sensazione di smarrimento, il confine è sottile ma la differenza è palpabile.
La corsa alleggerisce lo spirito ma ti fa restare con i piedi per terra. I pensieri volano, accarezzano la mente senza ingombrarla, danzano a ritmo della canzone che aleggia nelle tue orecchie.
Le macerie dell’Impero romano alla mia destra, un parco costellato di palme e pini marittimi alla mia sinistra. Passo dopo passo arrivo al Colosseo, al Circo Massimo e subito dopo alle Terme di Caracalla. Passo dopo passo è trascorsa la primavera, l’estate, l’autunno, e arriva l’inverno.
Scopro quanto sia piacevole correre nonostante le basse temperature: una sensazione di equilibrio, o meglio ancora di contrasto, dato dall’incontro dalla frizzante aria fredda che batte sul volto e del calore del corpo in movimento. Sorprendentemente rigenerante.
E mentre il telefono segna le miglia che aumentano, penso alla professoressa di ginnastica che anni fa non perse l’occasione di incoraggiarmi a correre nonostante nebbia e freddo. Solo ora capisco di aver raggiunto un nuovo obiettivo: aver superato limiti, non chilometrici ma mentali.