Non siamo responsabili del posto in cui nasciamo, ma possiamo scegliere dove andare a vivere.
Le mie origini pavesi raccontano molto di me e sono complici del fatto che io non sia cresciuta là dove la salsedine fa da padrona. Là dove basta aprire le persiane della finestra per respirare il profumo del mare, lasciare che questo si posi sulla pelle e che ci avvolga con delicatezza.

Trasferendomi a Roma ho avuto l’opportunità di cambiare il mio stile di vita. Mi sono immersa in una metropoli che non si affaccia sul mare ma che è a un tiro di schioppo da esso. È una vicinanza palpabile e lo si percepisce dall’amico che all’ultimo ti propone di fare un aperitivo in spiaggia o dalla possibilità di raggiungere facilmente il mare un weekend sì e l’altro pure.

Ricordo nitidamente quando, anni fa, i miei amici liguri o pugliesi trasferiti altrove mi confidavano quanto l’assenza del mare incidesse malinconicamente sulla loro quiete, quanto la nostalgia delle onde fosse una costante di vita, quanto intensa fosse la voglia di affondare i piedi nella sabbia. Ascoltavo, ma non capivo appieno. Solo ora comprendo davvero la loro sensazione, solo dopo aver provato sulla mia pelle la fortuna di lasciarsi inebriare dalla salsedine per anni. Si è sprigionata così quella empatia che non ha bisogno di spiegazione alcuna, quella comprensione che si manifesta quando condividiamo un’esperienza o sensazione con chi ci sta parlando.

Ora mi ritrovo a desiderare il mare tanto in estate quanto in inverno, a dirigermi spesso sul litorale per trovare quella serenità e spensieratezza inconfondibile, per lasciarmi pervadere dalle sensazioni che queste trasmettono senza chiederti alcun permesso.
E così il mare è entrato a far parte della mia quotidianità, come un vicino di casa, un consigliere che dà risposte senza porti domande. E non posso che esserne grata.