Porto è una città fatiscente, proprio come me la descrisse una persona poco prima che partissi. Non per questo è meno affascinante, anzi, sembra che il suo valore si nasconda proprio dietro le facciate rustiche degli edifici. Fatta qualche eccezione, è priva di strutture architettoniche mozzafiato ma gli edifici che si susseguono creano un quadro armonioso che l’osservatore guarda e apprezza, soffermandosi a cogliere anche i più piccoli dettagli.
L’atmosfera che si respira è piacevole, gli interventi musicali lungo le sponde del fiume Douro (chiamato così perché è “duro” da navigare) accarezzano le orecchie mentre la vista viene appagata dal panorama circostante dove l’imponente ponte Luis è il protagonista indiscusso. Per quanto si tratti di una realizzazione dell’uomo quest’opera in metallo si amalgama perfettamente con il contesto collegando il bel quartiere Ribera con il comune di Vila Nova de Gaia rinomata per le cantine che offrono degustazioni del vino locale Porto anche se, a dirla tutta, in loco non viene prodotto proprio nulla perché tutti i vini vengono importati dalle vigne circostanti.
Porto è la capitale economica e industriale del Portogallo ed è nota non solo per la bevanda liquorosa ma anche per le sardine, il baccalà (pesce povero che si differisce dal merluzzo per l’aggiunta di sale) e le vetrine dove predomina il giallo dei dolci e dei prodotti da forno messi in bella vista. Le artefici di questa abbondanza culinaria sono le monache: in tempi antichi utilizzavano gli albumi delle uova per conservare gli abiti e, per non sprecare nulla (necessità dettata dalla povertà portoghese), utilizzavano i tuorli per creare dolci da leccarsi i baffi, proprio come i golosissimi pastel de nata (pastel significa dolcetto e nata crema).
Per smaltire queste delizie è sufficiente camminare per le ripide vie del centro (Porto è una palestra a cielo aperto) ed è proprio camminando che ci si imbatte in cabine telefoniche in stile londinese che ricordano l’arrivo degli inglesi, edifici dalle facciate strette e alte in perfetto stile francese e olandese, maioliche bianche e azzurre che arricchiscono sia le chiese in granito sia la bella stazione São Bento al cui interno sfoggia 22.000 maioliche che illustrano la storia della città.



A Porto la povertà regnava sovrana fino a pochi anni fa, basti pensare che il centralissimo e attualissimo quartiere Ribeira ha conquistato l’elettricità da soli cinquant’anni e che sardine e trippa sono i pilastri della cucina locale. A tal proposito i portuensi, chiamati tripeiros, perché grandi consumatori di trippa, in occasione del giorno di San Giovanni si riuniscono per festeggiare la sagra delle sardine, forse l’evento più atteso dell’anno dove felicità e fertilità prendono il sopravvento e non è un caso se tutti gli anni si verifica il boom di nascite esattamente nove mesi dopo i festeggiamenti.
La ventata turistica degli ultimi decenni ha messo in vetrina la città che non ha perso occasione per rilanciarsi agli occhi dei forestieri e innalzare anche i prezzi standard. È il caso della libreria Lello, ad oggi la più bella al mondo, inserita nel quartiere universitario e famosa per essere stata luogo d’ispirazione per JK Rowling mentre scriveva Harry Potter: tempo fa l’ingresso era gratuito poi il prezzo è andato via via aumentando fino a raggiungere i cinque euro odierni. Non fatevi scrupoli per entrarci, ne vale davvero la pena ma mi tocca dire che di questi tempi dentro ci sono più persone che libri, ahimè.
Se siete in questa bella città, per qualsiasi prenotazione dobbiate fare ricordatevi che il sistema del conteggio dei giorni è assai curioso: i portoghesi considerano la domenica il primo giorno della settimana, lunedì il secondo, e così via fino ad arrivare al venerdì noto come sexta-feira. Ve lo dico perché è un attimo imbattersi in posti chiusi ma se proprio doveste sbagliare conteggi sappiate che come piano di riserva ci sono gli splendidi Jardin du Morro, lì dove la vista sulla città è pazzesca soprattutto al tramonto.








