Ci si può abituare alla bellezza? È la prima domanda che mi pongo appena giunta a Roma. Le sue vie mi hanno accolto più volte negli ultimi anni eppure ogni mio arrivo è come se fosse il primo. A confermarlo è lo stupore che puntualmente provo difronte alle meraviglie viste e riviste, ma l’effetto mozzafiato che per me è costantemente dietro l’angolo varrà anche per chi abita nella capitale?
La notte di Halloween la festeggio gustando una pizza spaventosamente buona. Sono da Remo, locale di quartiere situato in zona Testaccio, famoso per sfornare la scrocchiarella (tipica pizza romana bassa e croccante) e per avere un personale caciarone che non perde l’occasione di manifestare ogni aspetto della romanità alla clientela. La sala è spartana, i posti a sedere vanno a ruba e qui, come in tanti posti della regione, si può scegliere di aprire le danze culinarie con un succulento supplì che, ad ogni morso, esibisce caldi filamenti di mozzarella creando il cosiddetto “effetto telefono”.
Il mese di novembre inizia con la scoperta dei luoghi meno gettonati dai turisti: passeggio nel parco archeologico dell’Appia Antica il cui contesto campagnolo simil-toscano mi teletrasporta in una dimensione lontana dal caos cittadino. A guidarmi, i ciottoli grossolani del vialone principale, una cornice di pini marittimi e ville esclusive divenute residenze dell’alta società della capitale nel secolo scorso.

Dalla campagna alla città è un attimo e, dopo un pomeriggio speso tra le fresche frasche di un luogo pacifico, rieccomi dove urbanizzazione e movida fan da padrona. Sono a Trastevere, la città è gremita di gente, le iniziative jazz previste per tutto il weekend scaldano l’atmosfera della città, il profumo di caldarroste riempie gli animi dei passanti e una leggera pioggia autunnale partecipa allo spettacolo a singhiozzi.
Fotografo con gli occhi questi istanti e lascio che piazza Navona mi sorprenda più del solito, vuoi per l’aria autunnale che risulta ancora calda, vuoi perché nonostante gli ampi spazi si respira un’atmosfera intima, vuoi per le luci soffuse che lasciano intravedere scene di vita quotidiana attorno la fontana del Bernini. Le bellezze però non si trovano solo in superficie: Roma ha sempre in serbo chicche archeologiche nascoste tra le moderne mura cittadine, come i resti dello Stadio Domiziano, antica arena dove si svolgevano competizioni agonistiche che ha dato forma a piazza Navona.

Ancora una volta è l’inaspettato a regalarmi le emozioni più forti, come quelle provate quando mi ritrovo al The Place, bistrot divenuto noto per l’omonimo film girato una manciata d’anni fa.
Seduta come lui
tra i tavolini di quel bar
tra il via vai di gente.
Lui sotto i riflettori
di Paolo Genovese
io sotto le luci
di un bistrot romano.
È bastato un film
per rendere l’angolo noto
è bastata una sorpresa
per illuminare un sabato di pioggia autunnale.
(The Place, Roma | Novembre 2019 © Monica Maida)

In questi giorni scopro come nonostante la pioggia Roma non perda il suo fascino. In men che non si dica mi ritrovo ad arricchire il tour tra i dipinti di Galleria Spada e i cocci della Crypta Balbi con uno stuzzicante tozzetto laziale.
A insaporire questa race domenicale, un pit stop presso la Locanda dei Girasoli, accogliente locale che coniuga l’amore per la cucina di qualità con l’inclusione sociale e lavorativa di giovani con sindrome di Down. Ci pensano loro a valorizzare la serata, a tenerti compagnia, a strapparti un sorriso tra una portata e l’altra. Ecco la bellezza, di nuovo.
Ci si può forse abituare a tutto questo fascino?